Ovvero il matrimonio e affini.
Da adolescente non sono mai stata la ragazza che si immagina il giorno del matrimonio. Con abito bianco, velo e annessi e connessi. Ho sempre immaginato, però, il giorno in cui avrei tenuto fra le braccia il mio bambino. In me ha sempre prevalso la tenerezza e l'affetto piuttosto che il romanticismo. Non sopporto smancerie in pubblico (per non parlare di quelle coppiette che si baciano in modo prolungato sui treni!), non mi capacito di come facciano alcuni a tenersi la mano per tutto un film al cinema, non riesco a sentire quelle coppie che sono tutte un "tata, amore, tesoro, pasticcino".
Però abbiamo deciso di sposarci. E abbiamo deciso di farlo in chiesa. In contro tendenza a tutti quelli che sono per i rapporti liberi e aperti. Lo facciamo perché è come ringraziare, come ammettere che quello che viviamo è un dono. È una fortuna avere incontrato una persona con cui si sta bene. Ci sono relazioni che appassionano il cuore, ci sono relazioni che appagano la mente, ci sono relazioni che fanno stare bene. Che fanno ridere, che fanno piangere, che fanno arrabbiare, che rendono la quotidianità un momento piacevole. E trovare una persona del genere è qualcosa che va festeggiato. E la festa ci sarà, a luglio.
Convinta della meravigia del vissero finché morte non li separi, frequenti sono le frecciatine di chi ci guarda da fuori: "Tanto tutti si separano" "La crisi del Settimo anno!" "Il divorzio ormai è di moda". La paura che la nostra non sia la favola del Felici e Contenti c'è. E questa paura si alimenta quando si leggono libri come questo.
Una coppia, otto anni di matrimonio, due figli. La favola della Felicità. Quando Agatha scopre una vita parallela del marito e comincia una faida tra lei e quello che doveva amarla e rispettarla. Una guerra fatta di battaglie legali, di sotterfugi, di minaccie. E soprattutto di dolore lucido. Consapevole di aver sbagliato tutto, di aver fatto valutazioni sbagliate e quello che era la tua dolce metà si rivela la metà di uno str***o, anzi uno str***o intero!
E come dice l'autrice, che ha vissuto l'esperienza in primo piano: "Per fare le cose per bene, bisognerebbe cominciare con il divorzio. E poi ci si sposa". Noi ci manteniamo ancora nella tradizione, ci sposiamo poi vedremo ...
Buona lettura lettori,
Giulia
Eliette Abecassis,
Un affaire coniugale,
Milano,
Tropea Edizioni,
2011.
:') giuli ma ...scrivi un libro...!!
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