Era l'ora di apertura del reparto. Calca all'ingresso. Un caldo da soffocare.
Mi volto e la vedo. Una donna bionda. Di una certa età. Alta, giunonica. Parla con la sua amica. Incespica con l'italiano ma prosegue a raccontare dettagliatamente le ore precedenti.
Dall'emozione arrossiva nelle gote. Sono nonna. Sono nonna, ripeteva. A chiunque ripeteva la sua meraviglia, il sublime avvenimento.
Si gira, mi vede. Arrossisco. Anche lei è qui per il reparto. Sì, mento spudoratamente. Aspetto la ginecologa. Anche lei è incinta? Si. Che bella emozione, sa anche mia figlia ha avuto un bambino. Ivan. Siamo russi.
Chissà come sarà contenta sua mamma. Sì, anche mio marito. Poi sa, è una femmina e lui la desiderava così tanto. Si chiamerà Anna.
A dieci anni sognavo di avere un marito, due figlie e un cane.
I miei desideri sono rimasti gli stessi, da quindici anni.
Per ora devo raccontare bugie in un corridoio di ospedale.
Federica Cozzani,
Lascia che sia,
Milano,
Mursia,
2010.
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