sabato 14 aprile 2012

La caverna


Vorrebbero nutrirci di ignoranza. Vorrebbero che il nostro pensiero fosse uniforme. Vorrebbero che tutti pensassimo le stesse cose. Vorrebbero che fossimo assuefatti da una medesima prospettiva.

Tutti uguali, marionette benpensanti. A fare, dire, a muovere le stesse cose. Indottrinati dalla stessa mediatica base di pensiero.
Ci nutrono con la televisione: Uomini e Donne, Amici, C'è posta per te, Ballando con le Stelle, L'isola dei famosi, Grande Fratello.
Si deve giocare di strategia. Si deve vincere. È facile guadagnare, basta essere un po' scaltri. È facile vincere basta avere un po' di fortuna. È facile avere successo, conquistare l'uomo dei tuoi sogni. È tutto semplice, basta mettersi davanti ad una telecamera, sorridere, ammiccare, far vedere la farfallina. Convinti che ognuno può essere quello che vuole. Basta credere nei propri sogni.

Pecore, vacche al pascolo.

Poi tutto viene mosso nella stanza dei bottoni. Tirano i fili della nostra vita. Muovono i nostri gusti, i nostri acquisti, le nostre mode. Danno forma ai sogni che vorremmo realizzare. La moda dei cellulari, dello smartphone, dell'Ipod, Ipad, Iphone. La moda della macchina potente. La moda della vacanza in villaggio. La moda dell'acquisto, del paghi poco alla volta, con tassi da usuraio.

Ho sempre creduto di essere una giovane consumatrice critica. Ho studiato a scuola, all'università. Ho guardato Anno Zero. Ho letto libri, impegnati. Ho visto film, impegnati. Amo la cultura quanto odio l'ignoranza.
Guardo alla televisione programmi spazzatura, con occhio critico. Giudico quello che vedo, non sono assuefatta passivamente.
Compro prodotti a chilometri zero. Cerco di informarmi sulla buona alimentazione, sulla buona salute.

Ma sono una marionetta.
Una concatenzione di eventi. Un articolo su internet di un'avvocatessa che denuncia lo Stato, un pensiero di una camicia verde, un film, una lettura.
E si sono squarciate le catene.

Stamattina mi sento pericolosamente antipolitica. I miei occhi si devono ancora abituare a questa luce accecante. A questa nuova realtà.
Sono stata fin da piccola nel fondo della caverna, in catene. Ero abituata a vivere nelle ombre. A credere che le ombre fossere cose reali.
Ho sciolto i lacci e ora guardo lo splendore abbagliante della luce all'aria aperta. Vedo indistintamente quanto è schifoso tutto quello che vedo. Ora come ora non vedo la possibilità che qualcosa possa cambiare.
Sarebbe più facile, consolante tornare nella caverna. Ma per il momento sono qua a guardare il cielo. Sotto la pioggia.

Solo una lettura. Veloce. Platone, La Repubblica, Libro VII. Il mito della caverna.

Buona lettura lettori,
Giulia

Platone, 
La Repubblica,
Bari,
Laterza,
1990.

martedì 10 aprile 2012

Inventar frottole

Una sala d'attesa. Sola, ad aspettare il mio turno per entrare.
Era l'ora di apertura del reparto. Calca all'ingresso. Un caldo da soffocare.
Mi volto e la vedo. Una donna bionda. Di una certa età. Alta, giunonica. Parla con la sua amica. Incespica con l'italiano ma prosegue a raccontare dettagliatamente le ore precedenti.
Dall'emozione arrossiva nelle gote. Sono nonna. Sono nonna, ripeteva. A chiunque ripeteva la sua meraviglia, il sublime avvenimento.

Si gira, mi vede. Arrossisco. Anche lei è qui per il reparto. Sì, mento spudoratamente. Aspetto la ginecologa. Anche lei è incinta? Si. Che bella emozione, sa anche mia figlia ha avuto un bambino. Ivan. Siamo russi.

Cerco di allontanarmi. Non vorrei continuare, ma mi prende la mano. Vuole proprio parlare con me. Desidera parlare, confrontarsi. Di quante settimane è, signorina? Sette. E' ancora molto presto. Già.

Chissà come sarà contenta sua mamma. Sì, anche mio marito. Poi sa, è una femmina e lui la desiderava così tanto. Si chiamerà Anna.

A dieci anni sognavo di avere un marito, due figlie e un cane.
I miei desideri sono rimasti gli stessi, da quindici anni.
Per ora devo raccontare bugie in un corridoio di ospedale.

In attesa che la natura faccia il suo corso, leggo. E capisco che in fondo decide tutto Lei.


Federica Cozzani,
Lascia che sia,
Milano,
Mursia,
2010.