Vorrebbero
nutrirci di ignoranza. Vorrebbero che il nostro pensiero fosse uniforme.
Vorrebbero che tutti pensassimo le stesse cose. Vorrebbero che fossimo
assuefatti da una medesima prospettiva.
Tutti
uguali, marionette benpensanti. A fare, dire, a muovere le stesse cose.
Indottrinati dalla stessa mediatica base di pensiero.
Ci
nutrono con la televisione: Uomini e Donne, Amici, C'è posta per te,
Ballando con le Stelle, L'isola dei famosi, Grande Fratello.
Si
deve giocare di strategia. Si deve vincere. È facile guadagnare, basta essere un
po' scaltri. È facile vincere basta avere un po' di fortuna. È facile avere
successo, conquistare l'uomo dei tuoi sogni. È tutto semplice, basta mettersi
davanti ad una telecamera, sorridere, ammiccare, far vedere la farfallina.
Convinti che ognuno può essere quello che vuole. Basta credere nei propri sogni.
Pecore,
vacche al pascolo.
Poi
tutto viene mosso nella stanza dei bottoni. Tirano i fili della nostra vita.
Muovono i nostri gusti, i nostri acquisti, le nostre mode. Danno forma ai sogni
che vorremmo realizzare. La moda dei cellulari, dello smartphone, dell'Ipod,
Ipad, Iphone. La moda della macchina potente. La moda della vacanza in
villaggio. La moda dell'acquisto, del paghi poco alla volta, con tassi da
usuraio.
Ho
sempre creduto di essere una giovane consumatrice critica. Ho studiato a scuola,
all'università. Ho guardato Anno Zero. Ho letto libri, impegnati. Ho
visto film, impegnati. Amo la cultura quanto odio l'ignoranza.
Guardo alla
televisione programmi spazzatura, con occhio critico. Giudico quello che vedo,
non sono assuefatta passivamente.
Compro
prodotti a chilometri zero. Cerco di informarmi sulla buona alimentazione, sulla
buona salute.
Ma
sono una marionetta.
Una
concatenzione di eventi. Un articolo su internet di un'avvocatessa
che denuncia lo Stato, un pensiero di una camicia verde, un film, una
lettura.
E si
sono squarciate le catene.
Stamattina
mi sento pericolosamente antipolitica. I miei occhi si devono ancora abituare a
questa luce accecante. A questa nuova realtà.
Sono
stata fin da piccola nel fondo della caverna, in catene. Ero abituata a vivere
nelle ombre. A credere che le ombre fossere cose reali.
Ho
sciolto i lacci e ora guardo lo splendore abbagliante della luce all'aria
aperta. Vedo indistintamente quanto è schifoso tutto quello che vedo. Ora come
ora non vedo la possibilità che qualcosa possa cambiare.
Sarebbe
più facile, consolante tornare nella caverna. Ma per il momento sono qua a
guardare il cielo. Sotto la pioggia.
Solo
una lettura. Veloce. Platone, La Repubblica, Libro VII. Il mito della
caverna.
Buona
lettura lettori,
Giulia
Platone,
La Repubblica,
Bari,
Laterza,
1990.